CORONAVIRUS E CAMBIAMENTI CLIMATICI

Fino a qualche mese fa ci si chiedeva come sarebbe stato il 2020, tutte le risposte erano incentrate sulla positività, sul progresso e sull’opportunità di rinascita ma non si pensava che il protagonista del nuovo anno sarebbe stato un virus!  Esattamente un anno dopo il primo grande sciopero per il clima globale, la protesta di Fridays For Future si  sposta dalle piazze ai social, infatti in alcune aree del mondo e soprattutto in Italia sono vieti assembramenti di persone a causa della pandemia da Covid-19.

Da febbraio non si parla più di emergenza climatica, ma solo di coronavirus, eppure i due problemi sono fortemente interconnessi. Nel rapporto del 2007, ma anche di recente, l’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva avvertito che le infezioni virali, batteriche o da parassiti sarebbero state una delle minacce più consistenti per il Pianeta a causa del surriscaldamento globale, mettendo in guardia la popolazione. Recentemente l’Associazione Medici per l’Ambiente (ISDE), ha evidenziato come i picchi delle epidemie diventate più famose (SARS, influenza Aviaria e influenza Suina), si siano verificati in corrispondenza di picchi di temperature di almeno 0,6 o 0,7 gradi oltre la media. Le variazioni di temperatura potrebbero favorire un “risveglio di specie” di virus e batteri, che vivono congelati nei ghiacci polari e nel permafrost da migliaia di anni, il cui scioglimento è sempre più rapido.

Dunque in circolazione non c’è soltanto il coronavirus ma ci sono miliardi di agenti patogeni pericolosi. Se oggi non mettiamo in pista strumenti efficaci per fermare il surriscaldamento globale contribuiamo a favorire la diffusione di virus e microrganismi, che oggi convivono pacificamente con altri esseri viventi, ma che in futuro potrebbero attaccare altre specie, compreso l’uomo, con pesanti conseguenze per l’intera umanità. Anche quando questa epidemia sarà passata non saremo comunque al sicuro. Infatti le capacità di adattamento di questi esseri ad un nuovo clima e quindi la maggiore diffusione territoriale degli stessi, così come le migrazioni animali, saranno la causa di ulteriori minacce. Una recente ricerca scientifica condotta da studiosi cinesi ha evidenziato come le polveri sottili siano il veicolo di virus, funghi e batteri, che in genere provengono dal suolo. Quindi che ci sia un’interconnessione tra cambiamento climatico e diffusione delle malattie infettive non è certo un mistero.

Oggi tutto il mondo è costretto a fermarsi e già si averte un cambiamento drastico delle condizioni ambientali, si è visto come le emissioni di anidride carbonica del continente asiatico si siano ridotte di un quarto da quando è scoppiata l’epidemia del nuovo Coronavirus. Inoltre, il consumo dei combustibili fossili potrebbe ridursi fino al 50%, stando alle indicazioni dell’Opec e dell’Iea.

Per molti è difficile associare il coronavirus ai cambiamenti climatici, perché l’epidemia si sviluppa su una scala temporale breve, mentre il cambiamento climatico varia su una scala temporale più lunga. Parlando di spazi, l’epidemia ha una precisa collocazione (le proprie abitazioni, le città, gli ospedali, ecc) ed è legata ad un sacrificio a breve termine (stare a casa, lavarsi in continuazione le mani, indossare guanti e mascherine, ecc), contrastare il cambiamento climatico invece significa cambiare gli stili di vita per sempre. L’ecologia ci insegna  che ogni cosa è collegata a tutte le altre e in questi giorni stiamo concretamente sperimentando che siamo tutti interdipendenti e interconnessi. Oggi in Italia stiamo vivendo quello che la Cina ha vissuto un mese fa, mentre la Spagna, paese più colpito dopo l’Italia, sta sperimentando quello che noi abbiamo già vissuto poche settimane prima. La parola chiave è proprio “interconnessione”.

Molti di noi si chiedono: “in che modo si può far fronte alla pandemia?” Credo che oggi la priorità in Italia, ma anche in altre parti del mondo, sia quella di investire sul sistema sanitario al fine di riorganizzarlo per non trovarci più impreparati, ma la sfida più grande è quella di affrontare il problema nella sua globalità. Dobbiamo rivedere il modello di produzione e di sviluppo, che attualmente è insostenibile dal punto di vista ambientale. L’uso indiscriminato delle risorse naturali sta distruggendo la biodiversità del Pianeta e attraverso le attività antropiche continuiamo ad inquinare acqua, aria e suolo. Questo tipo di globalizzazione ha causato una disuguaglianza economica mai vista prima. Dobbiamo promuovere la “conversione ecologica dell’economia e della società”, creando una nuova coscienza collettiva ed essere maggiormente responsabili.